Gli ultimi tre giorni di gennaio sono detti “I TRE GIORNI DELLA MERLA” ma non tutti sanno perché. E io, da brava Nonna quale sono, vi racconto tutto!
Questa storia vera origina nel 1948, ai tempi della legge Merlin. A quei tempi lavoravo tutto il giorno (facevo la mondina raccogliendo il riso nelle campagne) e guadagnavo quel poco che mi bastava per sopravvivere: un tozzo di pane raffermo con la besciamella e un litro di grappa al giorno erano il mio unico sostentamento.
Tornavo a casa che era sempre buio e ogni sera, invariabilmente, incontravo una simpatica signorina che aspettava l’autobus insieme a me e si faceva chiamare “La Merla”.
Nonostante facesse freddo, questa ragazza si vestiva sempre molto desabigliè (come dicono i parigini). Era una ragazza molto fortunata: non prendevamo mai l’autobus insieme perché, mentre lei rimaneva appoggiata al palo a roteare la sua borsetta e a fumare la sua sigaretta, incontrava invariabilmente qualche gentile signore che le offriva un passaggio in auto fino a casa.
Ora, accadde che facesse molto freddo e per tre sere consecutive (le ultime tre di gennaio), la Merla non poté uscire di casa per colpa di un brutto raffreddore e io rimasi da sola tutta la sera ad aspettare il suddetto autobus.
Ma fortuna volle che si fermò un auto e un gentil signore con voce roca mi chiese: “Ao’ ma ‘ndo sta La Merla stasera? Nun ce sta? Voi salì te?”
E io acconsentii. Sembrava una brava persona e in questo modo avrei risparmiato i soldi dell’autobus.
Quel distinto signore fu così gentile che mi diede un passaggio fino a casa e a fine serata mi mollò pure un bel centomilalire (che a quei tempi erano soldoni!). La stessa cosa si verificò la seconda e la terza sera con altrettanti distinti signori.
Trecentomilalire in tre giorni!
Denominai quei tre giorni fortunati appunto “I TRE GIORNI DELLA MERLA” proprio per ricordare che era grazie alla Merla se io avevo di che mangiare.
Poi La Merla si ristabilì dall’influenza e il primo di febbraio tornò ad aspettare l’autobus al solito posto. Però era scontrosa, violenta, diceva che dovevo smetterla di invadere il suo territorio, che ero troppo mondana per essere una mondina, e mi disse che quella zona era sua e che dovevo sloggiare.
Povera me! Cosa potevo fare, io, povera pudica donna di fronte alle minacce di quella violenta della Merla?
La sera stessa una telefonata anonima la fece arrestare dalla buoncostume.
Io lasciai il lavoro alle risaie e grazie al denaro donatomi dai miei benefattori, potei iniziare una vita più serena e indipendente.
E quando i soldi iniziavano a scarseggiare, mi bastava tornare a quella fermata d’autobus, certa che qualche gentile benefattore mi avrebbe aiutata economicamente.
Chissà che fine ha fatto La Merla, adesso. Magari provo a contattarla su Faeis Book.
Sempre che sia uscita di prigione.